Quando nel vino l’innovazione nasce dall’esterno

Ho trovato su Linkedin la notizia di questa ricerca, commissionata dal Monopolio degli alcolici svedese, Systembolaget, sulla sua filiera di acquisto del vino in Italia, nella quale vengono analizzati aspetti quali i diritti umani, le relazioni sindacali e, in generale, la responsabilità delle imprese coinvolte in tutta la supply-chain. Quindi anche quella del monopolio stesso che ne acquista e vende i vini.

Questa ricerca (che devo ancora leggere) riporta una valutazione illustrativa dell’impatto sui diritti umani (HRIA – Human Rights Impact Assessment) della supply chain del vino di Systembolaget, miravando a valutare gli impatti effettivi e potenziali sui diritti umani nella fase di produzione della catena del valore in Italia, a identificarne le cause profonde e a fornire raccomandazioni alle parti interessate in merito alla loro prevenzione, mitigazione e/o riparazione.

Il rapporto mostra che ci sono molte sfide tra cui lo sfruttamento dei lavoratori migranti, la mancanza di sindacalizzazione, salari insufficienti e mancanza di dispositivi di protezione individuale in regioni come Piemonte, Toscana, Puglia e Sicilia. E i risultati possono applicarsi anche ad altri paesi produttori di vino in Europa e in tutto il mondo.

La responsabilità sociale è diventata per Systembolaget uno dei pilastri della propria attività, sia interna (dopotutto vendono alcol!) che nella gestione della propria supply chain, coinvolgendo sempre più i propri fornitori con contratti e obiettivi molto stringenti e norme da rispettare per poter ambire ad essere distribuito. Non dimentichiamo che l’Italia è il più grande paese di origine per i consumatori di vino svedesi e la Svezia è il quarto mercato di esportazione per valore per i vini italiani.

Quindi, bisogna prestare attenzione se Systembolaget così commenta i risultati di questa ricerca: “Vogliamo fare la differenza per le persone nella nostra catena di approvvigionamento! Questa relazione ci aiuterà a prevenire e gestire meglio le violazioni dei diritti umani. Ci impegniamo a continuare questo viaggio e a trovare modi pratici insieme ai nostri partner commerciali e alle parti interessate.”

Quando Systembolaget e gli altri Monopoli (ma il discorso può applicarsi anche alle catene distributive private) propongono tender per spingere i fornitori ad una maggiore trasparenza, oppure a favorire la fornitura di bottiglie più leggere, contenitori o chiusure alternative, fino a sostenere l’importazione di volumi maggiori di vini biologici, si pongono non solo come regolatori dell’offerta ai consumatori, ma spesso anche della domanda.

Se vogliamo citare Porter e il modello delle 5 forze, siamo in una chiara situazione in cui l’estremo potere contrattuale degli acquirenti (i Monopoli in alcuni Stati) sia in grado di modificare il mercato e, di conseguenza, l’offerta stessa stabilendo barriere all’ingresso (chi si adegua vende, gli altri stanno fuori). Barriere che permetterebbero, a chi le supera, di assumere un vantaggio competitivo solido sui concorrenti. Barriere che possono essere superate attraverso l’innovazione, dimostrando come l’innovazione nel settore sia spesso dovuta più a cause esterne che interne.

Iniziamo a pensare, quindi, che il termine “innovare” può assumere vari aspetti: non riguarda solo il prodotto, ma può essere applicato all’azienda stessa, alle sue pratiche gestionali, amministrative e commerciali, fino al suo ruolo sociale. E che qualcuno ci sta dando sempre maggiore importanza.