Quale regione vinicola italiana ha il brand più forte, soprattutto all’estero? Ovviamente la Toscana, che negli ultimi 30 anni ha saputo capitalizzare il legame tra vino, cucina, arte, paesaggio e turismo in senso ampio. Vista dal di fuori, sembra il Paese del Bengodi: per avere riconoscibilità e successo basterebbe avere una vigna di sangiovese e/o di cabernet, qualche ulivo, un viale di cipressi che porta al rustico in pietra e mattoni. Tuttavia, vista da dentro, non è sempre così.
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Sud Italia: un differente approccio al marketing?
Più volte, negli ultimi anni, è emerso da analisi e commenti come il successo dei vini e delle aziende del Sud dipendesse dalla maggiore capacità nel fare marketing.
Sarebbero importanti molte considerazioni al riguardo.
Dal punto di vista del marketing strategico il posizionamento delle aziende del Sud, siciliane in primis, è sicuramente favorito da una forte integrazione tra le cantine, i loro vini ed il concetto Sud Italia-Mediterraneo-solarità. Ma anche da una fase del mercato che, sulla scia delle produzioni del Nuovo Mondo, ha richiesto un determinato tipo di vino che poteva essere offerto dalla produzione siciliana, pugliese o campana, pur nella diversità di vitigni e microclimi.
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Quale “coda” per il marchio delle aziende vinicole italiane?
Sul Corriere Vinicolo del 23 giugno è stato pubblicato un mio nuovo articolo di Wine Marketing dal titolo “[Yellow Tail] o Long Tail. Quale coda per il marchio”?
L’articolo parte dall’esame del successo di [Yellow Tail], ormai un caso di scuola che non riguarda solo chi si occupa di vino. Ma, parallelamente, ho esaminato alcuni sistemi di vendita alternativi che permettono anche a prodotti di nicchia di essere presenti con successo sul mercato, cercando di capire come anche il vino possa essere interessato alla c.d. “Long Tail”. La domanda finale è se le aziende italiane debbano seguire il modello [Yellow Tail] o quello della “lunga coda”, sottolineando come, in entrambi i casi, la chiave di volta sia rappresentata dal marchio.
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