La Cina, dopo il difficile biennio della pandemia che stiamo ancora passando, potrebbe essere ancor più del passato un’occasione da non perdere per le aziende vinicole italiane del retail.
L’economia cinese, infatti, sembra aver sofferto meno di altri paesi degli effetti della pandemia, riuscendo a riprendersi più velocemente, con un tasso di crescita che diversi analisti hanno stimanto attorno all’8-9%. Questo scenario può aprire le porte a un rimbalzo dell’export vinicolo italiano che, negli ultimi anni si è un po’ arenato?
Da diverse ricerche e dal confronto con operatori di aziende vinicole che ci lavorano da anni, è confermato che fare affari in Cina non è un’operazione che si può improvvisare: non basta partecipare a una delle tante fiere o missioni commerciali (quando anch’esse torneranno alla normalità) per trovare un importatore. Allo stesso modo, una volta presenti sui listini degli importtori, non è semplice costruire una distribuzione caratterizzata da continuità e dal giusto posizionamento.

Le aziende vinicole, specialmente se piccole, fanno fatica ad entrare in Cina proprio per la loro dimensione, ma anche per una capacità manageriale e di conoscenza delle dinamiche del mercato stesso ancora limitate. Se la vivacità del mercato cinese di qualche anno fa lasciava pensare vi fosse ampio spazio per tutti, col tempo si è verificato sul campo che, per essere competitivi in Cina, serve un lavoro di preparazione, analisi dei consumatori e dei concorrenti, decisioni sui canali giusti attraverso i quali fare promozione e vendita, nonché una più ampia verifica dei prodotti, packaging compreso.
In un mercato come la Cina, che segue delle dinamiche molto specifiche, è importante comprendere in cosa è differente dal resto del Mondo, soprattutto da quello occidentale. I consumatori, ad esempio, grazie alla penetrazione del mobile sono molto più digitalizzati. Allo stesso modo, per un consumatore cinese cambia la percezione di ciò che è “attraente” e del significato che hanno i prodotti e i loro marchi. I consumatori cinesi, infatti, hanno forti differenze culturali rispetto a quelli occidentali e i brand italiani non vendono in Cina solo grazie al prestigio e alla conoscenza del nostro “Made in Italy”, che premia tanti prodotti, dalla moda al lusso, dal design all’agroalimentare. Non basta più avere un buon prodotto quale un vino di qualità e puntare sul lifestyle italiano per raggiungere il successo commerciale sul mercato cinese.
Soprattutto, bisogna conoscere come il mercato cinese sta cambiando e con esso i consumatori della nuova classe media che si possono permettere i prodotti occidentali quali il nostro vino. Ricordiamo, ad esempio, che già qualche anno fa Wine Intelligence aveva stimato che l’audience realmente interessata al vino importato è di circa 50 milioni di persone, a fronte di un miliardo e 400 milioni di abitanti!
Soprattutto in Cina sta cambiando il mondo legato al lusso, come ho recentemente letto in un interessante articolo pubblicato dal magazine JingDaily intitolato: “Why China Is The Only Luxury Superpower“. In pratica, in Cina stanno nascendo città focalizzate sul lusso per fare concorrenza ad altre destinazioni internazionali. Una di esse è l’isola di Hainan, diventata una destinazione di intrattenimento/viaggi/shopping che potrebbe, in pochi anni, rivaleggiare con Dubai e con i duty-free coreani, grazie una generosa fiscalità che sta reindirizzando i clienti da altre destinazioni ai negozi all’interno della Cina.

Oggi, il rimpatrio verso il consumo interno è uno dei cambiamenti più profondi che stanno avvenendo nel segmento del lusso. Alimentati dalle restrizioni ai viaggi legate al Covid, alcuni marchi di lusso hanno visto un aumento del 60-80% delle entrate in Cina nel 2020, mentre l’industria è crollata in altre aree del mondo. Alcune previsioni stimano che la Cina rappresenterà più del cinquanta percento del mercato globale del lusso già nel 2025 rispetto alla precedente previsione del 2030.
E la crescita del consumo di lusso domestico cinese continuerà a crescere dopo che circa 400 milioni di persone saranno passate da famiglie a basso reddito a famiglie di classe medio-alta nei prossimi anni. Questa crescita alimenterà sicuramente un’ulteriore domanda di beni di lusso in Cina.
Inoltre, anche la generazione Z cinese, la generazione più ricca e digitale, sta scuotendo il mercato. Questi Gen Zer non sono solo ottimisti con un’alta propensione alla spesa per i marchi di lusso, ma sono anche molto più patriottici rispetto alle generazioni precedenti.
In un altro articolo, che riprende uno studio di Altagamma, ho letto che l’Italia, sebbene sia il Paese più desiderato dai “luxury travellers”, ma non quello più visitato: prima è la Francia, seconda la Gran Bretagna, terzo il Belpaese. Tra i fattori critici identificati ci sono una minore percezione di “standard di qualità” in strutture e servizi, la mancanza di un’offerta di intrattenimento e di eventi per un pubblico affluente globale, la complessità logistica di un Paese ricco di bellezza diffusa sul territorio, la mancanza di pochi messaggi chiari alla massa critica.
In un’intervista al Vinitaly Wine Ambassador J.C. Viens, pubblicata da Wine Meridian, si scrive giustamente che, per avere successo in Cina, dobbiamo capire il rapporto del consumatore cinese con il lusso e con le modalità attraverso le quali il consumatore cinese si sente ispirato dal lusso italiano e dai quei prodotti che forniscono una forte sensazione di poter arricchire la qualità del loro stile di vita. “Per diversi anni ho sostenuto il seguente approccio in questo mercato affascinante: in Cina, il vino non è un bisogno (una merce), è un desiderio (una voglia), quindi il modello di marketing del lusso è forse l’unico approccio per il successo”, dice Viens. “L’essenza del lusso è offrire un valore estremo, un valore non dettato dal rapporto tra prezzo e qualità, bensì legato valore è il grado in cui un vino può generare una profonda emozione. Così come la moda italiana ispira i consumatori cinesi a sentirsi bene con se stessi, i vini italiani devono convincere che possono ispirare lo stesso”.
Forse, per raggiungere questi nuovi consumatori, è venuto il momento per ripensare la tradizionale strategia di promozione del vino italiano, basata su modelli occidentali quali l’abbinamento, la quotidianità del vino a pasto, i micro-terroir e, invece, costruire una percezione ispirata al mondo del lusso, capace di attirare non solo quei turisti che già visitano l’Italia ma anche quelli che non lo fanno o, addirittura, si preparano a frequentare destinazioni del lusso all’interno della Cina stessa?