Sono perfettamente d’accordo con Angelo Peretti e quanto ha pubblicato sul suo blog, riprendendo un post di Armin Kobler in merito all’attualità delle DOC: o si capisce che bisogna valorizzare e promuovere un territorio assieme oppure nessuna azienda medio-piccola avrà mai un brand forte per potersi imporre da sola.
Troppo spesso ascolto produttori dire: “ma voi del Consorzio cosa state facendo per me?” oppure “la DOC non mi serve, perché pagare se poi decidono sempre altri?”. Dimenticandosi che i Consorzi sono associazioni di produttori ove chiunque dovrebbe potersi esprimere e le DOC strumenti tecnici scelti dai produttori stessi che, quindi, possono aggiornarle e migliorarle. I disciplinari sono previsti dalla legge, ma è sempre possibile darsi obiettivi più ambiziosi, ad es. attraverso marchi collettivi o accordi tra produttori.
In questa fase c’è una spinta troppo forte all’individualismo… non che mancasse tra i vignerons… Ma è una strategia miope, che non porta da nessuna parte. Basta guardare i listini degli importatori internazionali o le carte dei vini: i medio-piccoli stanno lottando per poche posizioni, intere aree stanno sparendo o sono rappresentate dai soliti noti che hanno saputo crescere e lavorare sulla distribuzione, alle volte a scapito della poesia, offrendo vini centrati per la fascia prezzo occupata. Le DOC, in presenza di territori che non hanno un marchio già forte, restano comunque uno strumento, forse l’unico, per trasmettere un’identità comune.
Ah, certo, come ho già scritto più volte qui, qui o qui, non basta avere una DOC per avere un marchio ed avere successo. Ma, appunto, se non c’è committment e partecipazione, ancor meno si avrà un futuro.